Libido is your superpower
di Federico Toso, Product Manager OCA DOCLibido is your superpower
Furore creativo: dall’esperienza associativa all’esponente cooperativo.
Esiste come un elemento di perversione, dentro la consapevolezza “geriatrica” di guardare la strada lasciata alle spalle, rimirare il vestito di competenze che il tempo e il lavoro ti hanno cucito addosso e scoprire che gli occhi, con cui immagini il tuo futuro anteriore, risplendono ancora della medesima intuizione luminosa con cui univi i puntini dei tuoi sogni. Puntini che altri chiamano curriculum e per te sono semplice materia viva.
A 20 anni credi di essere un supereroe. A 50 non ci credi più, lo sei.
Per chi viene dall’associazionismo di creazione artistica (teatro, circo, danza, spettacolo di strada, musica) esistono dei valori spesso sottotraccia e mai abbastanza esplicitati, che la natura del non profit permette di coltivare: solidarietà, etica, impegno, collaborazione, condivisione di saperi, valorizzazione delle competenze. Esistono come dato di fatto, non come parole di marketing.
Questi valori fanno parte di un senso dell’appartenenza a un settore, finanche troppo esteso e denominato “Terzo”, che la riforma in corso di attuazione andrà in qualche modo a scardinare. Nel bene e nel male.
Lottare per realizzare i propri sogni è lavoro o altruistica passione? L’ossimoro latente delle arti dello spettacolo risiede nel fatto che entrambe le risposte sono corrette. La riforma traccia in maniera marcata la divisione tra un campo e l’altro; costringe ad operare una scelta che inevitabilmente segna anche uno strappo tra la propria identità di artisti/imprenditori e la propria vocazione di attori sociali connessi indissolubilmente alla comunità.
La luce di questa forzatura inquadra e ha il merito di voler far emergere la realtà mortificante del lavoro sommerso, che per decenni anche gli artisti hanno alimentato, quasi come un segno distintivo di alterità. Il sommerso nell’arte è tuttavia fortemente connesso a una generale lacuna di informazione che riguarda diritti, doveri, tutele e opportunità che già esistono, ma non si sanno.
Le scuole formano i sognatori ad essere artisti, non lavoratori.
Manca nel contempo la lungimiranza legislativa di immaginare nuove forme giuridiche, nell’ecosistema fiscale, che diano forma alla sfida di inquadrare l’ininquadrabile. Perché per definire la professione artistica nello spettacolo occorre una bella capacità di invenzione sartoriale che permetta di cucire il giusto abito attorno a un lavoratore.
Un lavoratore che è contemporaneamente imprenditore, lavoratore dipendente (ma anche autonomo), formatore (ma anche perennemente allievo), profit e non profit, instancabilmente attivo e incallito perdigiorno.
Il territorio più prossimo all’associazionismo, che comprende bene le ambiguità artistiche e prova a generare soluzioni “laterali”, nell’assenza di risposte preimpostate, è oggi il cooperativismo, inteso sia come metodo che come piattaforma. La cooperazione parte dal concreto del lavoro, delle tutele, dei diritti e degli obblighi, ma comprende bene la vocazione al perseguimento del bene collettivo, di cui l’arte è strumento.
In questo territorio di invenzione non ci sono limiti. Il cooperativismo si costruisce e si alimenta attorno allo sviluppo delle sue parti, che sono i suoi soci lavoratori, non accanendosi contro, come succede spesso nella dialettica d’impresa. L’unico limite è e resta, come caposaldo, la legalità delle soluzioni possibili che sono le regole ex machina del legislatore.
Su questo tavolo però sono i lavoratori che mescolano, smazzano, distribuiscono e giocano le loro carte, per un gioco in cui vinci solo se tutti vincono. Non se gli uni lo fanno a discapito di altri.
Se dopo trent’anni stai dunque ancora a sorprenderti dell’entusiasmo della creazione, della visione e della progettualità che ti scorrono dentro; se specchi le tue rughe in quelle dei tuoi compagni e ci rivedi il sole; se dentro scorre indomita, potente di esperienza, quell’originaria libido junghiana senza la quale nulla sarebbe mai iniziato; se sei dunque ancora nonostante tutto “sul pezzo”, allora sei finalmente il supereroe che prima avevi solo immaginato di essere.
Il cooperativismo sano, quello che si costruisce attorno alla persona, non quello di escamotage, è dunque questo: una fabbrica di supereroi. Ne nasceranno sempre anche dentro altre “palestre”, ma in questo humus collaborativo, fatto di pragmatismo e invenzione, è talmente facile far germogliare i talenti che dovrebbe essere materia di scuola, non incontro casuale, e spesso fortuito, in mezzo al disorientamento di chi si affaccia al mondo del lavoro o di chi ci si ritrova impantanato già da un pezzo.