La cultura del dialogo con i giovani e il ruolo degli spazi giovanili. Il ritratto di Loredana Poli
di Aldo Macchi, Direttore ArCoIl punto di incontro, la relazione, la partecipazione tra la cosa pubblica e la propria cittadinanza è una delle sfide più difficili di un’amministrazione. Questo vale nelle piccole realtà come nelle grandi città. Soprattutto nelle città, poi, ci sono i beni immobili che, negli anni della crisi economica, hanno rappresentato un possibile tesoretto per gli enti locali per far fronte alle minori entrate provenienti dai fondi nazionali. L’alienazione dei beni immobili pubblici è una strada, certo, ma non l’unica. L’alternativa, laddove possibile, è quella della riqualifica dell’esistente, una delle mission dell’agenda 2030. Una risposta all’esigenza dell’utilizzo “zero” del territorio, una scelta green, ma anche una valorizzazione di edifici storici a cui dare nuova vita, coinvolgendo proprio i cittadini e chiamandoli a metterci la faccia, le energie, le idee, per restituire alla collettività una città viva, e dei cittadini, a prescindere dal colore politico dell’amministrazione.
Se tutto questo, poi, determina l’attenzione delle politiche giovanili di un comune, ecco che entra in gioco un altro obiettivo strategico: il coinvolgimento dei giovani, l’ascolto delle loro esigenze e un percorso che possa vedere anche un ricambio generazionale di tutti i protagonisti della società civile: dal terzo settore al lavoro stesso, con l’ente che svolge il ruolo di connessione tra l’istruzione e la formazione professionale e inserimento lavorativo. Tutto questo non è soltanto teoria, esistono diversi modelli virtuosi, e uno di questi è il comune di Bergamo, dove l’assessora alle Politiche Giovanili, Loredana Poli, ha aperto le porte del suo assessorato, posto proprio all’interno di uno degli spazi giovanili della città, e ci ha consegnato il ritratto di quelle che lei definisce “normali dinamiche di un servizio pubblico, a cui si aggiunge la particolarità degli spazi giovanili come Polaresco ed Edonè e, in un certo senso, il lavoro di Informgiovani”. Ma la strada tracciata indica che le potenzialità e i riscontri possono andare ben oltre la normale amministrazione.
- Le politiche giovanili dopo il Covid
- Il valore degli spazi giovanili
- Serve fiducia per fare cultura sociale
- I bandi, le piattaforme, il futuro

Le politiche giovanili dopo il Covid
La convivenza con la pandemia ci ha portato a muoverci su più piani dal punto di vista delle politiche giovanili. La prima ripartenza è stata quella delle attività di incontro, ma anche di festa, per quanto possibile. Un’attenzione particolare è stata rivolta al target dei giovani, con gli spazi a loro dedicati e con l’apertura e l’organizzazione dei dehor e degli spazi estivi. Nel frattempo, oltre a queste attività, importantissime, c’è stata una continuità, nel tempo, delle politiche per i giovani: parlo degli spazi giovanili più tradizionali, che non hanno nella consumazione di bevande e nella ristorazione il proprio fulcro, ma la proposta di iniziative interamente dedicate a una certa fascia d’età e che, anche durante il lockdown più duro, hanno cercato di proporre modalità diverse di partecipazione. Ci ha stupito molto l’adesione di ragazzi e ragazze adolescenti, delle scuole superiori ma anche quella degli studenti delle scuole medie.
Gli operatori hanno provato a mettere in campo un palinsesto di iniziative online a cadenza settimanale, instaurando un vero e proprio dialogo tra giovani ed educatori che ci hanno permesso di approfondire i temi richiesti dai ragazzi stessi. Attività simili, in quei mesi, ci hanno fatto rendere conto della necessità di confronto generazionale e dell’importanza di mettere i giovani al centro delle stesse attività che vengono loro rivolte. Avevamo progetti in fase di sviluppo che hanno visto dei cambiamenti proprio alla luce delle suggestioni provenienti dai ragazzi.
Da tempo stavamo progettando di estendere dalla scuola primaria alle medie i progetti delle scuole aperte al pomeriggio. Chiaramente l’età dei ragazzi, rispetto a quelli delle superiori che già stanno aperte al pomeriggio, ha spinto il Comune, come ente, a fare da driver tra scuole e realtà del terzo settore per creare questo tipo di possibilità che prima, per gli studenti delle medie, non erano possibili. Il valore aggiunto è stato proprio quello di riuscire ad ascoltare i ragazzi in alcuni momenti: tutto il progetto ruota attorno all’idea di uno spazio chiamato “il club” dove i ragazzi possono andare e stare lì senza che ci siano per forza attività pre organizzate. Uno spazio dove poter passare il tempo, con una presenza leggera di un educatore. Poi nel club ci sono anche le attività organizzate, ma puoi anche solo andare lì e stare lì. L’idea della chiacchiera con l’adulto è rimasta anche dopo il lockdown, ed è un’esigenza molto forte. Ascoltare le loro necessità, a partire da un momento molto duro come è il tempo della pandemia, sta dando un senso a tutto il lavoro che stiamo portando avanti.
Il valore degli spazi giovanili
Credo che mettere a disposizione degli spazi comunali per le politiche giovanili sia un passaggio inevitabile per le amministrazioni locali. I giovani chiedono spazi, attenzione. Anzi, forse non la chiedono nemmeno tanto più, perché negli anni la mancanza di risposte ha fatto venir meno la voglia di chiedere con maggiore intensità.
Magari ora ci sarà un ritorno di richiesta, lo spero. La nostra idea di organizzare gli spazi, con un’offerta differenziata a seconda dei luoghi, rimane.
Ci sono gli spazi giovanili di quartiere, che nascono da un filone che oggi sembra vecchio, quello dei centri di aggregazione. In questi spazi abbiamo cercato, con il contributo di ragazzi ed educatori, di tematizzarli, con attrezzature che ne caratterizzino l’identità: abbiamo fatto studi di registrazione, sale prova, luoghi dove studiare o teatri. Poi ci sono i due spazi giovanili, Spazio Polaresco ed Edonè, che hanno anche la parte di somministrazione, e che a loro volta sono diversi tra loro. Polaresco ha più spazi, anche al chiuso: Edonè, invece, deve necessariamente considerare anche l’esterno per le proprie attività.
Ciascuno dei due ha una sua storia: Edonè si è connotato nel tempo dal punto di vista musicale con eventi e programmazioni continuative, Spazio Polaresco ha visto più cambi di gestione, non solo recentemente, e l’ultimo si è incrociato con la pandemia che ha limitato lo sviluppo di alcune potenzialità ancora da sviluppare. Questo stop and go imposto dal Covid e la chiusura totale ha decisamente sbilanciato quello che era il programma inizialmente pensato.
Tra l’altro questo spazio giovanile deriva di una riqualificazione fatta negli anni ‘90 di un edificio comunale di epoca fascista, la colonia dove si facevano bagni di sole per i ragazzi. Quell’idea di riqualificare uno spazio pensandolo a vocazione giovanile credo che, nel corso degli anni, non sia riuscita a dare un’idea completa delle sue possibilità: vediamo se ci arriviamo adesso, perché ci sono delle grandi possibilità.
Abbiamo deciso di destinare a un utilizzo prevalentemente giovanili anche piazzale degli Alpini, un’area centrale della città ma che si porta dietro sicuramente tante criticità ma anche altrettanti pregiudizi. Ci sono problemi ma quel che è stato messo in campo ha generato miglioramenti anche importanti. Noi stessi, come assessorato alle Politiche Giovanili, abbiamo deciso di portare lì la sede di Informagiovani ed è anche per questo che siamo sicuri che questa scelta si sta piano piano assestando nella direzione che avevamo progettato. Quello è un luogo dove i ragazzi passano per andare in stazione e per andare a scuole, e inizia a passare il messaggio che possa essere un’area valorizzata solo se lo si fa tutti insieme.
Attenzione nel dare risposte a una fascia d’età che nella nostra città non può che essere propositiva, valorizzare i luoghi in modo preciso e agevolare l’interazione e il dialogo tra generazioni. Ed è proprio il dialogo tra le generazioni a rappresentare un vero problema: gli adulti stanno diventando sempre meno tolleranti con loro. L’idea che ci sia uno sguardo benevolo degli adulti verso i giovani non è così scontata: forse in passato lo era di più, perchè un conto è brontolare per il vociare di sera, o per il rumore di una partita di pallone al parco, un altro conto è agire in modo molto aggressivo, chiamando la polizia locale se si sente chiacchierare o per il rumore della palla.
La città è di tutti, capisco che dia fastidio, ma insomma, anche le nostre città devono ritrovare un senso intergenerazionale e se diffondiamo l’identità dei luoghi dedicati ai giovani lo facilitiamo. Quando i ragazzi parlano con noi cercano una legittimazione per poter stare nel parco anche se danno fastidio. Possibile che uno si debba chiedere se è lecito stare in un parco? Questo poi porta ad eccessi, a quegli atti di vandalismo che spesso derivano da stupidità ma anche reazioni a questo mancato senso di appartenenza di un luogo che è di tutti. Su questo noi dobbiamo stare ancora più attenti, perché c’è una categoria di spazi pubblici che non possono essere categorizzati e invece sembra che si debba per forza recintare l’area destinata a bimbi e ragazzi perché il resto della popolazione li vive a fatica.
Serve fiducia per fare cultura sociale
Sono d’accordo con chi pensa che ci sia stata una caduta di fiducia tra le generazioni, in tutti e due i sensi, e che sia un tema fondamentale per l’esistenza di comunità urbane che hanno tante persone con esigenza di interagire tra di loro. La mancanza di fiducia è motivata anche da alcuni comportamenti online, un mondo sempre più importante, dove i comportamenti di persone della mia generazione hanno portato al fiorire di meme sui boomer. Ma se me ne rendo conto io che faccio parte di quella generazione che ci sono comportamenti che ti fanno passare la voglia di interagire, figurarsi i ragazzi che idea possano farsi della nostra generazione.
L’altro punto di incontro è la scuola: anche lì bisogna chiedersi quante volte ci sono relazioni significative, che non vuol dire avere rapporti da amiconi, non è quella la chiave di relazione, anzi. Bisogna marcare la differenza di età, mostrando le particolarità e potenzialità che l’incontro genera. Quando gli adulti mantengono la loro identità anche andando oltre ai risolini, alle critiche e alle battute, crei un rapporto. Certo se sei fragilino, reagisci male e si rompe subito la relazione non si va da nessuna parte. Un contesto simile può crearsi andando oltre le scuole, e qui lo spazio pubblico ha un ruolo fondamentale. Spazio Polaresco ha un ruolo centrale in questo, c’è un progetto di attività sullo spazio dove va valorizzato di più anche lo sport, le attività motorie, che sono una chiave di relazione con questa fascia d’età e, per questo, vale la pena lavorarci. In una ricerca che prende il nome di “Ri emergere bergamo”, in collaborazione con la Fondazione Franco Demarchi, svolta tra il dicembre 2020 e gennaio 2021, è emersa quella che per i giovani rappresentava una grande mancanza durante il lockdown: la possibilità di fare attività motoria, sport, con gli altri, sottolineando l’aspetto di relazione implicata che hai con le attività motorie sportive. Non dimentichiamo che l’utilizzo del corpo rimane un tema decisivo nella relazione tra le persone e lo abbiamo messo così forzatamente in secondo piano, a causa della pandemia, che ora serve un surpluss. In tutto questo, un ruolo fondamentale lo ricopre anche il Teatro perché mette le nozioni insieme al corpo, ci sono attività motorie ed espressive che devono tornare centrali, e tornare in presenza. Solo così potremo coltivare quei rapporti di fiducia intragenerazionale che formeranno la cultura sociale di domani.
I bandi, le piattaforme, il futuro
Il futuro dei giovani, la loro formazione e l’inserimento lavorativo hanno un ruolo molto importante, e vorrei partire proprio da una considerazione fatta nel nostro programma di mandato: mettere al centro del lavoro comunale per i giovani il tema del lavoro e accompagnamento formativo all’approccio del tema del lavoro. Lavorare con ragazzi e ragazze con il loro progetto di vita, soprattutto con chi è meno strutturato. Chi ha meno risorse culturali ed economiche sicuramente trae giovamento da politiche specifiche di ascolto su bisogni e difficoltà che durante il percorso scolastico le scuole non riescono a gestire da soli. Ma se da una parte le scuole non riescono in questo, dall’altra i ragazzi si aspettano che gli istituti riescano a rimettere a posto le cose, a venirgli incontro. Tante volte ci accorgiamo che alla fine i ragazzi non vogliono davvero cambiare percorso, ma hanno bisogno di capire cosa avevano pensato di trovare in quella scuola. Spesso la consapevolezza tranquillizza e riprendono il percorso. Altre volte invece decidono fare altro, ma sempre con consapevolezza. La scuola non lo fa sistematicamente e non ci sono istituzioni che si prendono in carico tutto questo. Parlo dei momenti di transizione scuola-scuola, scuola-lavoro, ma anche lavoro-lavoro. Sapere che c’è un servizio pubblico a cui chiedere aiuto, sostegno, una dritta e che questo spazio, che per noi è l’Informagiovani, ha una rete di partner che sono partner di riferimento fissi, come l’ufficio scolastico, gli stessi spazi giovanili, dove si può andare a fare esperienze di scuola lavoro, tirocini o inserimento di lavoro è un ottimo punto di partenza. Questa rete si sta formando, abbiamo presentato un patto di comunità per i giovani e il lavoro, dove il comune si è posto come driver di una serie di progetti che però risultano molto spezzettati e quindi ciascun ente faceva iniziative che stanno sì nella linea di pensiero detta prima, ma non vengono messe in rete, andando quindi perse e senza che i ragazzi riuscissero a conoscere queste possibilità. Avevamo l’esigenza di trovare il modo di raggiungere questo target, serviva un contenitore che ci dicesse che ci sono le opportunità e ci sono i giovani che le vogliono cogliere. Da qui, anche grazie a diversi bandi, è nata la piattaforma Place me now, orientata verso attività specifiche e lì i partner possono indicare le possibilità che sono a disposizione di questo disegno e rimandare ai loro siti.
La piattaforma è un luogo da cui partono strade in base alle esigenze di ognuno: se riesci a far capire che strada risponde a quella esigenza, quasi come se fosse un videogioco, il ragazzo costruirà il suo percorso. È una sfida interessante, e qui l’interazione tra Informagiovani e partenr, ma anche le aziende, il terzo settore e scuole sono il campo nel quale i ragazzi si muovono. Se lo rendiamo leggibile per i ragazzi rimane più agevole e percorribile per diventare grandi.