Il mondo dello spettacolo e la piaga del lavoro sommerso

di Aldo Macchi, Direttore ArCo

La maggior parte dei lavoratori dello spettacolo è isolata nel mercato del lavoro, soffre anche di una mancanza di potere contrattuale, che spesso porta a lavorare in nero o ad accettare condizioni di lavoro con un livello di precarietà più alto rispetto ai lavoratori di altri settori e con conseguenze negative in termini di salute, sicurezza e previdenza sociale. Pertanto, i lavoratori dello spettacolo hanno redditi bassi e irregolari e solo un accesso limitato, o addirittura nessun accesso, ai servizi bancari convenzionali e agli schemi di protezione sociale, come le indennità di disoccupazione, i congedi per malattia e maternità, gli schemi che coprono gli incidenti sul lavoro e le opportunità di apprendimento permanente.

Al di là delle condizioni di lavoro discontinue, in Italia i bassi redditi dei lavoratori dello spettacolo sono legati alla condizione di multiple job holding, ovvero il fatto che il lavoro nello spettacolo è spesso combinato con un’altra occupazione, e all’alto livello di lavoro sommerso del settore.

Tutto pur di lavorare. Nella nostra indagine abbiamo ascoltato diversi professionisti, anche iconici, come Dario Ghidoni, professione fonico, e memoria storica dell’evoluzione del mondo del live in Italia. “Io ho assistito al Bussola Domani, una data di Bosè del 1985, in cui si sono seduti tutti i lavoratori perché non erano ancora arrivati i soldi. E il pubblico pigiava i piedi e le mani, rumoreggiava parecchio, perché non iniziava il concerto. Ma niente, i fachcini e tutti gli altri non si muovevano, erano tutti fermi perché non era arrivata la paga. Ma allora era tutto sommerso, a tal punto che c’era un famoso modo di dire quando si andava a fare una data: andiamo a fare le rapine, cioè prendi i soldi e scappa”.

Il lavoro sommerso è ancora oggi molto diffuso nel mondo dello spettacolo con 9 concerti su 10 pagati in modo irregolare e circa quattro miliardi di sommerso ogni anno solo nella musica live.

“Il problema dei soldi sporchi maledetti e subito è una delle malattie di questo settore”, sentenzia la Presidente della Fondazione Centro Studi Doc, Chiara Chiappa. “Purtroppo, per quello che lo conosco io, il mondo dello spettacolo è davvero molto frammentato. Non parlo degli assunti degli enti lirici e dei grandi teatri stabili, o dei pochi lavoratori a tempo indeterminato che sono sicuri che l’anno prossimo lavoreranno, parlo di chi pur avendo molto talento e mettendoci veramente tutta la passione e la fatica di chi lavora di notte, nei giorni di festa, quando gli altri riposano, sono costretti ad accettare i lavori purché ci siano e perché non sanno cosa succederà il mese prossimo”.

L’avvento della pandemia non ha solo fermato gli spettacoli, ma anche reso evidente quali sono gli effetti del lavoro sommerso sulla possibilità di vedere riconosciuti i propri diritti. È questo un tema molto caro a chi, della tutela dei lavoratori, ne ha fatto il proprio manifesto, come il segretario generale Slc-Cgil Verona, Mario Lumastro: “Il 2020 ha fatto emergere una problematica molto importante di cui forse i lavoratori e le lavoratrici non erano consapevoli. Essere in regola significa avere dei grandi vantaggi e quindi esercitare una serie di diritti sotto molti punti di vista: intanto sotto quello previdenziale perché farsi pagare senza essere in regola significa che la mia parte contributiva non viene versata, e di conseguenza maturerò una pensione chiaramente molto molto molto bassa. Un secondo aspetto è quello che essere in regola significa che nella sciagurata ipotesi in cui uno dovesse rimanere senza lavoro, e quindi dovesse andare in Naspi, la Naspi è calcolata in base alla contribuzione che viene versata”.

Ma tutto questo non può essere gestito a posteriori. È chiaro che un lavoratore non deve operare nella costante preoccupazione che avvenga una disgrazia, ma è altrettanto chiaro che ragionare solo sull’oggi lascia totalmente scoperti sul domani. E questo non vale soltanto per la richiesta di sussidi in periodi emergenziali come la pandemia, ma anche per la pensione, malattia e ferie, che rientrano tra i diritti e le tutele dei lavoratori dipendenti. “Per questo invitiamo le lavoratrici e i lavoratori del settore ad esigere e pretendere che le prestazioni che vengono fatte siano pagate regolarmente – riprende Lumastro “Comprendiamo che significa fare una rivoluzione copernicana di questo settore, ma diventa assolutamente necessario”.

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