Perché sono nate le cooperative di spettacolo? Come il mondo della musica potrebbe salvare le professioni di domani

di Aldo Macchi, Direttore ArCo

Cos’hanno in comune un dj, un fonico, un batterista e una cantante lirica? Sono tutti lavoratori del mondo dello spettacolo e operano in teatri, locali notturni, stadi e feste di piazza. Un vero e proprio esercito di professionisti dello show business che vengono definiti lavoratori intermittenti. Non hanno un solo luogo di lavoro, mai lo stesso capo, e soprattutto non hanno un salario fisso assicurato. La storia di queste professioni, dal punto di vista dell’inquadramento è stata piuttosto travagliata e, spesso, i passi avanti in questo senso, si sono registrato soltanto in seguito ad esigenze da parte delle istituzioni di rapportarsi con questo mondo.

Dal secondo dopoguerra, con la creazione dell’ENPALS, l’ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo, la prima svolta arrivò a Brescia nel 1985 con la nascita della Fasol Music la prima cooperativa di lavoratori dello spettacolo. Abbiamo raggiunto Franco Pagnoni, Presidente di Fasol Music, che ci ha raccontato come tutto è nato. 

“Dobbiamo risalire alla primavera/estate del 1985 quando una decina di amici musicisti rockettari della zona del lago d’Iseo di Brescia decisero di mettersi assieme per risolvere alcuni problemi organizzativi della loro attività come musicisti”. Unirsi per fare categoria, proprio per venire incontro alle esigenze del primo ente pubblico che si incontra sul territorio, quello comunale. 

“Eravamo musicisti dilettanti, ma dovevamo rispondere alla necessità di mettersi in relazione con il Comune di Brescia che organizzava d’estate concerti in piazza e aveva bisogno di avere dei riferimenti che non fossero i singoli artisti o singoli musicisti, ma gruppi organizzati”.

Come fare quindi? Quale modello poteva rappresentare al meglio questo tipo di lavoratori? Non si tratta dei quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo, ma 10 amici che decisero di intraprendere la strada dell’imprenditoria e della cooperativa.  

“Ci siamo chiesti cosa fare, un’associazione o altro. Abbiamo deciso a maggioranza e i 10 amici sono quindi diventati i dieci soci fondatori della cooperativa. Abbiamo scelto la cooperativa perché volevamo dare una risposta di tipo imprenditoriale, per sottolineare che questo mondo non è solo ludico: non c’è solo l’aspetto del divertimento. Così facendo stavamo dando la possibilità a una passione di poter diventare una professione”.

Rimanendo nell’ambito del modello cooperativo, cinque anni dopo, nacque un altro esempio di inquadramento dei professionisti dello spettacolo attraverso il modello cooperativo. È il 1990 e a Verona nasce la cooperativa Doc Servizi. “Avevamo un obiettivo molto chiaro” racconta il presidente Demetrio Chiappa. “Quando abbiamo fondato Doc Servizi, lo abbiamo fatto per ottenere un maggiore riconoscimento professionale, contratti di lavoro più stabili e uscire dalle dinamiche del lavoro sommerso”. Il passo decisivo è arrivato in un negozio di strumenti musicali di Verona. “Gianbattista Zerpelloni di Musicbox mi ha chiesto di trovare una soluzione per alcune orchestre che lavoravano per molte serate in maniera professionale ma non sapevano come inquadrare la propria attività. Io venivo dal mondo delle cooperative, per questo mi sono mosto in questo settore e, parlando con Gianbattista, scoprii che c’erano diverse cooperative: alcune piccole, ma anche una grande cooperativa, aperta a tutte le forme professionali dello spettacolo”. Si trattava proprio di Fasol Music che “ci aprì le porte e ci mostrò come funzionava la cooperativa. È  stata una bellissima esperienza perché abbiamo capito che quello che avevamo in mente si poteva fare”.

Da lì è iniziato un percorso di piccoli passi per poter raggiungere l’obiettivo.  “La prima cosa che abbiamo fatto è stato costruire la cooperativa così come ci indicavano gli enti previdenziali in modo da non avere problemi, e così fu. Col tempo i soci iniziarono a parlare ad altri colleghi e negli anni siamo diventati, nell’arco di trent’anni, decine di migliaia”. Un’esperienza che, negli anni, ha permesso di scoprire tutto un universo di possibilità per tutelare i professionisti del settore. 

“Inquadrando tutti i lavoratori come dipendenti abbiamo scoperto subito che non non c’erano solo dei doveri, ma anche diritti” prosegue Chiappa. “Questo inquadramento particolare dei professionisti in cooperativa consentiva loro di avere fin da subito i diritti le tutele che hanno tutti i lavoratori dipendenti”. Assegni familiari, indennità di disoccupazione, malattia, assicurazione su infortuni, maternità e ferie. Ma l’aspetto cooperativistico offriva un assist in più. “Essendo soci della cooperativa, non solo dipendenti, ognuno di noi è titolare della propria attività, della propria impresa”.

 

Un aspetto, questo, fondamentale per descrivere un nuovo concetto fondamentale di questo percorso, quello delle cooperativa di autogestione.

Quando gli artisti entrano in cooperativa diventano soci lavoratori e insieme decidono come organizzare l’impresa. Mantengono un certo livello di autonomia nella gestione della propria attività e al contempo ottengono i diritti dei lavoratori dipendenti.

Questo modello cooperativo si può definire, cooperativa di autogestione proprio per la sua capacità di unire la continuità di un rapporto di lavoro con il rispetto dell’individualità artistica: grazie a questa sua caratteristica nel corso degli anni questo modello ha avvicinato per prossimità tutte le figure che ruotano attorno al mondo dello spettacolo come i tecnici e gli insegnanti, ma anche i comunicatori, fotografi e tutte quelle figure che sono abituate a lavorare con un alto livello di autonomia. Rientrano in questa categoria gli informatici, gli artigiani, i giornalisti, i ciclofattorini e tutti i professionisti dei nuovi lavori.

Una ramificazione che ha reso necessaria la nascita di nuove cooperative che hanno deciso di mettersi in rete. Oggi Doc Servizi è la più grande cooperativa di spettacolo in Italia e fa parte della Rete Doc, un gruppo di 8 società di cui 5 cooperative che coprono tutta la filiera della creatività della cultura e della tecnologia, con oltre 8000 soci provenienti da 33 filiali in Italia.

“Doc Servizi ha accolto tutti i lavoratori che hanno bussato alla nostra porta”, conclude Demetrio Chiappa. “Il modello Doc per gli artisti, essendo stati i primi lavoratori discontinui, è stato allargato poi alle altre figure discontinue che via via negli anni sono arrivate”.  

E con le professioni del futuro emerge un nuovo punto di vista che non può passare inosservato: “Guardando le nuove professioni e le nuove attività, possiamo facilmente notare che sono sempre più discontinue e precarie, anche se altamente qualificate del punto di vista professionale. Immaginiamo tutti i professionisti del digitale piuttosto che dell’industria culturale e creativa, ma anche gli insegnanti di scuole di teatro, musica e danza. Sono tutte figure professionali che attraverso il nostro modello cooperativo e la nostra rete di cooperative hanno trovato casa. In più abbiamo costruito strutture di servizio per i nostri soci in modo che la loro capacità professionale e il loro risultato professionale possa essere di alta qualità. Per questo abbiamo aperto studi di registrazione, di post-produzione, un’etichetta discografica, una casa di produzione cinematografica, un’agenzia viaggi per agevolare la mobilità, una struttura per la formazione, un’area bandi e un ufficio di comunicazione. Tutti strumenti a disposizione dei soci per svolgere al meglio la propria attività”.

Alcuni dei sogni e degli obiettivi di trent’anni fa sono ancora da raggiungere, perché la strada è tortuosa e piena di imprevisti. Ma il futuro chiama e il modello cooperativo sta dimostrando di avere tutto quel che serve per rispondere presente e accompagnare i professionisti di domani nel mondo del lavoro.

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