L’impatto del Covid-19 sul mondo dello spettacolo
di Aldo Macchi, Direttore ArCoIn Italia, quest’anno, il mondo dello spettacolo ha perso un numero enorme di lavoratori: sono 70.000 i professionisti che hanno abbandonato il settore, parliamo di più di 1 lavoratore su 5.
È colpa solo della pandemia? Le cose sono più complesse: c’entrano soprattutto le modalità con le quali il lavoro dello spettacolo viene pagato e le disparità di protezioni sociali tra le categorie di lavoratori. Per fare chiarezza abbiamo parlato con Chiara Chiappa e Francesca Martinelli della Fondazione Centro Studi Doc.
In Italia l’esempio migliore ce lo dà il lockdown del 2020, dove “330.000 professionisti dello spettacolo tutto un tratto si sono sentiti inutili”, spiega la presidente della Fondazione, Chiara Chiappa. “Si sono trovati senza un lavoro, senza una prospettiva e soprattutto senza nemmeno gli aiuti. In quel momento abbiamo capito che il settore, senza aiuti, non sarebbe sopravvissuto alla crisi”.
Nel primo provvedimento di aiuti disposto dal governo durante il lockdown del 2020, infatti, i soldi destinati ai lavoratori intermittenti dello spettacolo sono stati 0 €. A Marzo del 2020 il comparto dello spettacolo dal vivo in Italia si trovava in questa situazione:
- Una legge di settore vecchia di 74 anni
- Una grande diffusione di lavoro sommerso e non in regola
- Un’estesa e sistematica precarietà dei lavoratori
- Un reddito medio per addetto appena al di sopra della soglia di povertà italiana
Cosa succede a questo punto? La risposta la dà Francesca Martinelli, direttrice della Fondazione: “Succede che questa precarietà diffusa ed endemica del settore dello spettacolo insieme alla crisi sanitaria del 2020 fa trovare i lavoratori dello spettacolo abbandonati a sè stessi e senza protezioni”.
Nonostante questa falsa partenza, ad oggi, i sostegni ai lavoratori dello spettacolo sono passati da zero a 640 milioni di euro e tra Camera e Senato ci sono ben 8 proposte di legge che intendono regolamentare il settore. Nel mezzo ci sono un post su Facebook e dure #: #nessunoescluso e #velesuoniamo. A questo si aggiunge una sigla, il FAS che riunisce decine di associazioni e cooperative dello spettacolo che per la prima volta si stanno muovendo unite per migliorare le proprie condizioni di lavoro.
Ma andiamo a ripercorrere il percorso che ci ha portati fino a qui. “La crisi sanitaria ha costretto i lavoratori dello spettacolo a fermarsi, ma anche interrogarsi su perché a loro non fossero arrivati gli aiuti come gli altri, e cercare quindi di capire la disparità di trattamento tra loro e gli altri lavoratori”, aggiunge Martinelli.
Per capire da dove viene questa disparità di trattamento cominciamo col dire che i lavoratori dello spettacolo lavorano per lo più in modo discontinuo, con molti committenti, cambiando spesso luoghi di lavoro e colleghi. Possiamo quindi dire che sono spesso isolati e con contratti di breve durata.
Un quadro confermato dalla stessa Chiara Chiappa: “Il lavoratore dello spettacolo ha poco potere contrattuale e il suo lavoro viene poco considerato. Il settore è frammentato, con una rappresentanza sindacale molto scarsa”.
A questo si aggiunge tanto lavoro sommerso, un tema centrale per capire come mai le risorse a tutela dei lavoratori del mondo dello spettacolo siano state così inadeguate nel momento della crisi.
Dal Forum Arte Spettacolo provengono 5 punti di riforma per il settore spettacolo:
- Posizione previdenziale unica per artisti e professionisti dello spettacolo
- Reddito integrativo per artisti e professionisti dello spettacolo
- Sportello unico su piattaforma open source sul quale organizzare i registri delle professioni e tutti gli eventi
- Semplificazioni per l’organizzazione di spettacoli e manifestazioni artistiche
- Incentivi economici a sostegno dello spettacolo
Uniti i lavoratori intermittenti dello spettacolo sono riusciti a far sentire le proprie ragioni: gli aiuti sono arrivati e due dei punti di riforma del settore dello spettacolo proposti dal Fas sono stati integrati in alcune proposte di legge.
“Le prime due proposte che riguardano lo statuto sociale del lavoratore nello spettacolo e della creatività sono state riprese all’interno di due disegni di legge depositati rispettivamente alla Camera e al Senato” sottolinea con orgoglio Martinelli.
È un inizio ma bisogna fare di più perché, come conclude Chiara Chiappa, “rimangono aperti temi del sommerso, del sostegno alle imprese e degli incentivi per il pubblico. Noi non cerchiamo una legge cerotto, cerchiamo una legge di sistema che rivoluzioni tutto il settore”.