Primo Principio: Adesione libera e volontaria

di Aldo Macchi (Direttore ArCo) con Riccardo Verrocchi (Coordinatore nazionale Generazioni Legacoop), Monica De Franco (Cooperativa Coopernica), Anna Loscalzo (Tatabox) e Katia De Luca (Cooperatives Europe)

Le cooperative sono organizzazioni volontarie aperte a tutte le persone in grado di utilizzare nei servizi offerti e desiderose di accettare le responsabilità connesse all’adesione senza alcuna discriminazione sessuale sociale razziale politica o religiosa”.

Recita così il primo principio. Parole che ci permettono di andare a indagare le affinità che ci sono con il concetto di Community, sia online che offline, ma anche con l’inclusività e il sempre più necessario dialogo intergenerazionale. Un approfondimento che raccoglie diversi contributi dei giovani cooperatori di Generazioni Legacoop.

 

La cooperativa come opportunità intergenerazionale e

nutrimento per le community

Di Riccardo Verrocchi (Coordinatore nazionale Generazioni Legacoop)

Non è un caso che questo sia il primo dei principi cooperativi: è quello che un po’ segna la differenza rispetto ad altre tradizionali forme di impresa. La cooperativa ha una visione molto più aperta, perché, a differenza di altri modelli di impresa, non si basa sul valore del profitto. Questo è un aspetto molto interessante perché consente a molte persone di mettersi insieme, liberamente, traducendo il proprio sogno in un’impresa vera e propria. Uno slancio che non si ferma qui, ma mantiene questa apertura continua nei confronti di nuove persone, nuove professionalità, che vanno ad arricchire la grande esperienza presente, anche nell’ottica di un dialogo e confronto intergenerazionale.

Il movimento cooperativo consente, per sua natura, un forte scambio intergenerazionale, con una continuazione nel raggiungimento degli obiettivi nel tempo, generando una vera e propria community. Questo rappresenta un forte valore aggiunto. Nella società di oggi, viviamo con le community quel significato che in passato era proprio delle comunità, quel far parte di un gruppo di persone che condividono la visione del mondo, o la visione di fare economia, società. Non è più ristretta a una comunità di quartiere, o al proprio paese, e nemmeno soltanto alla propria città.

Questo le nuove generazioni la vivono come una grande opportunità perché permette di stringere nuove relazioni e di accrescere le proprie professionalità anche professionali. Perché in una community, anche grazie ai social, avvengono scambi continui in uno slancio verso le nuove tecnologie che permettono di moltiplicare le possibilità di apprendimento e la scoperta di nozioni sempre nuove.

Ma soprattutto ci si apre a nuove relazioni e si entra in reti che ampliano a loro volta le nostre reti. Per questo motivo diventa una sfida centrale quella di garantire quella continuità intergenerazionale di cui si parlava prima.

L’intero è più della somma delle sue parti

Di Monica De Franco (Cooperativa Coopernica)

La cooperazione di per sé è inclusiva. Lo è per definizione, già dal primo principio che afferma che non guarda a generi, etnie, ma neanche, necessariamente, a specifiche competenze. La cooperazione guarda alla partecipazione, a chi vuole far parte di un processo dando il proprio contributo. Un contributo che può essere sia economico che di competenze o di idee.

Da questo punto di vista la cooperazione può assolutamente essere una risposta ai bisogni di inclusività della nostra società, perché di fatto cooperare significa proprio includere.

Non guardo a una differenza, anzi, la valorizzo all’interno di un contesto del noi. L’intero è più della somma delle sue parti, e la cooperazione è proprio questo.

L’importanza di saper contare

Di Anna Loscalzo (Tatabox)

Ho imparato a fare una cosa, e l’ho imparato guardando altre donne più capaci di me: bisogna sempre partire dal contare. È una cosa fondamentale: per riuscire a capire lo stato di salute di un’organizzazione, della propria società, bisogna contare. Bisogna contare le donne che hai attorno quando ti trovi in un luogo di potere. Perché se noi andiamo a guardare, i dati ci restituiscono un quadro estremamente positivo rispetto alla capacità del Movimento Cooperativo di impiegare le donne. Noi abbiamo quasi il 60% di lavoratrici donne all’interno delle nostre cooperative: se poi però guardiamo gli organi rappresentativi, gli organi di decisionali, i luoghi di potere, questo numero cala drasticamente e abbiamo solo il 30% di donne.

Questo ci dice che qualcosa non va, perché in realtà i nostri organi dovrebbero rappresentare la composizione effettiva delle cooperative. Vuol dire che non ci riusciamo ancora, non siamo da buttare, anzi, ma questo deve essere un punto di partenza. Dobbiamo riuscire a capire dove siamo ora per poter vedere dove vogliamo arrivare.

C’è un aspetto che ho sempre trovato estremamente interessante nella mia esperienza in Generazioni: abbiamo sempre cercato di lavorare non tanto guardando solo ed esclusivamente i diritti dei giovani. Non abbiamo lavorato a compartimenti stagni ma in maniera molto trasversale. Noi parliamo per tutti e non credo che sia un caso che oggi, la presidente della commissione pari opportunità sia una persona che ha fatto un profondo percorso in Generazioni prima di arrivare lì. Credo voglia dire, in qualche modo, che siamo nella direzione giusta.

Saper ascoltare le nuove generazioni

Di Katia De Luca (Cooperatives Europe)

Oggi c’è un bisogno enorme di dialogo tra le generazioni di cooperatori. Come movimento Cooperativo non dobbiamo mai stancarci di alimentare questo scambio perché porta nuova linfa e consente di guardare da punti di vista diversi gli stessi principi cooperativi. Anche l’attuazione dei principi e dei valori cooperativi può trarne beneficio, perché gli permette di trovare forme che magari non sono mai state immaginate prima.

Anche in cooperativa, recentemente, abbiamo fatto un ragionamento simile e stiamo lavorando per favorire il più possibile la partecipazione dei giovani agli organi di governance, perché si possa fare un percorso che porti a sentire il movimento cooperativo come qualcosa di proprio. Perché se sento che qualcosa è anche un po’ mio, probabilmente, mi impegnerò e cercherò di contribuire al massimo per la sua crescita e sviluppo e continuerò a vedere il pezzettino che faccio ogni giorno come parte di un mosaico più ampio.

Penso questo sia un contributo che di cui non possiamo fare a meno. Abbiamo tantissima strada da fare, cerchiamo ogni volta di trovare dei luoghi in cui si dialoga con i giovani, che siano le università o le scuole. Sarebbe bello avere la cooperazione dentro i programmi di studio di ogni ordine e grado, aiuterebbe a farla conoscere. Abbiamo bisogno di essere attrattivi: i giovani devono poter innanzitutto conoscere la cooperazione e poi sentirsi attratti: da qui si apre un mondo di possibilità.

Entri in contatto con quelle che sono le prospettive dei giovani, e puoi decidere insieme a loro quali problematiche e sfide affrontare, analizzando i rischi, in condivisione. Penso infatti che tutti gli elementi che distinguono il fare impresa in cooperativa siano molto interessanti per i giovani, ma dobbiamo farglielo conoscere e dobbiamo fare in modo che siano loro a sentirsi attratti da noi.

 

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