Quinto Principio: Educazione, Formazione e Informazione
di Aldo Macchi (Direttore ArCo) con Riccardo Verrocchi (Coordinatore Generazioni Legacoop), Monica De Franco (Cooperativa Copernica), Claudio Vizilio (Generazioni Legacoop Sardegna), Valentina Oreglia (Legacoop Piemonte), Anna Loscalzo (Tatabox), Alessandro Regge (Legacoop Piemonte), Michele Schirru (Generazioni Legacoop Sardegna)Poter parlare di Educazione, formazione e informazione, in un podcast che è parte di un progetto editoriale più esteso, è un’opportunità da cogliere a dovere. Per questo, forse, questa è una delle puntate più ricche di contributi.
Perché formazione, informazione ed educazione sono tre valori su cui le nuove generazioni puntano particolarmente, per capire meglio la propria identità e per scegliere i linguaggi da usare per farsi ascoltare e per avere qualcosa che non può passare inosservato. Ma è anche un momento di autocoscienza per il movimento cooperativo, chiamato a raccontarsi di più, raccontarsi meglio, per non perdere la più grande sfida che ha di fronte a sé: essere parte del futuro delle nuove generazioni.
“Le cooperative s’impegnano ad educare ed a formare i propri soci, i rappresentanti eletti, i managers e il personale, in modo che questi siano in grado di contribuire con efficienza allo sviluppo delle proprie società cooperative. Le cooperative devono attuare campagne di informazione allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica, particolarmente i giovani e gli opinionisti di maggiore fama, sulla natura e i benefici della cooperazione.”
L’approfondimento di oggi è stato reso possibile dai contributi di Claudio Vizilio (Generazioni Legacoop Sardegna), Riccardo Verrocchi (Coordinatore Nazionale Generazioni Legacoop), Monica De Franco (Cooperativa Copernica), Valentina Oreglia (Legacoop Piemonte), Alessandro Regge (Legacoop Piemonte), Anna Loscalzo (Tatabox) e Michele Schirru (Coordinatore Legacoop Sardegna).
Comunicare per distinguersi
Di Riccardo Verrocchi (Coordinatore Generazioni Legacoop)
La formazione è uno degli obiettivi principali di Generazioni Legacoop: strutturiamo continuamente dei percorsi di formazione, anche interni, proprio per trasferire, nell’ottica dell’intergenerazionalità, quelle competenze acquisite nel tempo. In questo contesto l’informazione è necessaria proprio per far conoscere ulteriormente l’impresa cooperativa come modello virtuoso: quello che noi chiediamo, anche al congresso vissuto quest’anno, è la necessità di comunicare l’impresa cooperativa a partire dai 7 principi cooperativi in una maniera nuova.
L’obiettivo è quello di comunicarli nelle modalità che utilizzano oggi i giovani, proprio per far apprezzare il potenziale di questi principi. È su questo che dobbiamo ulteriormente lavorare e migliorarci, perché i principi sono il tratto distintivo nell’ambito delle imprese cooperative. L’informazione fatta in una certa maniera, oggi, è il tratto distintivo per affermare anche una propria idea. Nella società in cui tutti comunicano tutto, in tutti i modi, farlo bene individuando bene i target, gli obiettivi ci può far fare veramente gol.
Nella società di oggi in cui tutti dicono tutto, saperlo fare, con una formazione adeguata, che utilizza degli strumenti e un linguaggio accattivante e coinvolgente, è davvero la vittoria del Movimento Cooperativo dal punto di vista dell’informazione. Ma questo vale anche per il racconto di sé. È ciò che emerge dai ragazzi e dalle ragazze dei territori: ci dicono che spesso noi cooperatori non sappiamo raccontarci. Dobbiamo fare in modo che la narrazione non manchi più. Un gruppo, all’interno di Legacoop, che curi esclusivamente il rapporto di networking tra le giovani e i giovani che fanno parte dell’associazione può dare un grande contributo.
Ci stiamo impegnando per farlo, speriamo di riuscirci e di migliorarci sempre di più, perché un’informazione coerente e corretta ci può aiutare anche a ritrovare la spinta sui territori per lavorare nella promozione cooperativa. Ci aiuterebbe ad allargare la rete delle cooperative e le maglie della partecipazione della società.
Quella voglia di lasciare un segno
Di Monica De Franco (Cooperativa Copernica)
La cooperazione è uno strumento per le nuove generazioni, soprattutto le giovanissime, ed è assolutamente funzionale per le loro esigenze e i bisogni. I giovani oggi vivono la voglia di lasciare il segno, di fare qualcosa di concreto, anche un po’ in contrapposizione alla disillusione e delusione di ciò che era nelle vecchie generazioni.
Anche politicamente la cooperazione può venire incontro nell’avere uno strumento concreto per poter sentire di star facendo la cosa giusta, da un punto di vista di integrità, nella concretezza di ciò che fa quotidianamente: scegliere il noi.
A volte ci confrontiamo anche tra di noi, ed emerge l’incapacità del movimento cooperativo nell’intercettare i giovani, anche da un punto di vista comunicativo. Non so quanto si parli davvero del movimento cooperativo nelle università, nei luoghi informali: non so quindi quanti giovani davvero conoscano le realtà cooperative.
Ed è un vero peccato perchè la cooperazione è anche un modo per vivere la leadership in maniera diversa, e oggi abbiamo un gran bisogno di leader diversi. Abbiamo bisogno, come giovani, di vedere nel concreto un modello che non punti alla competizione, ma alla cooperazione e collaborazione per poter raggiungere gli obiettivi e vedere che quello che si sta facendo ha un impatto sulla comunità. I giovani cercano quell’impatto, quella traccia che gli permetta di lasciare qualcosa di loro.
Se riuscissimo a comunicare la cooperazione come modello alternativo alla competizione, come un modello che funziona, avremmo un bel modo per incentivare e anche coltivare nuove generazioni in grado di fare, domani, il cambiamento verso il futuro.
Forse dovremmo mettere il cooperativismo prima ancora delle cooperative, con un focus proprio sul processo cooperativo. È chiaro che non è sempre facile mantenere alto l’entusiasmo, quindi se ci leghiamo anche al principio della formazione e dell’informazione, andiamo a lavorare proprio su questa identità operativa, entrando in una cornice più ampia che è in grado di aumentare il livello non solo di entusiasmo, ma anche di consapevolezza.
La comunicazione cooperativa per fare impresa in modo sostenibile
Di Claudio Vizilio (Generazioni Legacoop Sardegna)
Ho avuto modo di scoprire la cooperazione grazie a un mio professore universitario ma è stato solo un esempio singolare. Nei percorsi di studi, però, le cooperative non si studiano o comunque vengono studiate in maniera molto residuale rispetto all’impresa capitalistica. Dobbiamo lavorare per rendere la cooperativa in sé più allettante, più attrattiva. Perché se noi andassimo a chiedere ai giovani se conoscono le cooperative, se non le hanno studiate magari in qualche percorso di studio o hanno contatti diretti, non la conoscono.
Questo è un problema che deve essere risolto, perchè le cooperative sono diventate un modello di sviluppo alternativo a quello che conosciamo. Quel modello capitalistico che ha iniziato a mostrare le proprie crepe o comunque è in fase di crisi. Da qui parte la sfida del movimento cooperativo di posizionarsi come strumento di sviluppo sostenibili, che è ciò che ci è richiesto all’interno dell’agenda 2030. Uno strumento allettante, attrattivo di fare impresa. Perché è vero che il modello cooperativo ha una funziona sociale riconosciuta dalla costituzione, ma deve assolutamente avere anche una funzione economica perché la cooperativa è impresa.
Ricordiamoci una cosa e questo io lo dico sempre a chi chiede informazioni sulla forma cooperativa La cooperativa si ha una funzione sociale riconosciuta assolutamente dalla costituzione ma deve assolutamente avere anche una funzione economica perché operativa è impresa Quindi bisogna ricordarsi che deve rispettare anche quella funzione.
Ad ogni età il suo grado di consapevolezza del modello cooperativo
Di Valentina Oreglia (Legacoop Piemonte)
Le nuove generazioni che stanno andando a scuola e stanno studiando, dopo il Covid, vivono in una realtà in cui si sentono da soli e pensano di non riuscire più a uscire da questa bolla che hanno individuato. Hanno un grande bisogno e necessità di capire quanto invece sia possibile cooperare e trovare aiuto in tutte le persone che le circondano. Sicuramente il modello che ad oggi è più conosciuto e anche più apprezzato nelle classi è il modello del massimo profitto: sono stata in una classe e abbiamo fatto vedere un video che confrontava un’impresa newyorkese, quotata in borsa, e un pioniere di Rochdale che spiegava la cooperativa. Ho poi chiesto quale fosse il modello che li convincesse di più.
Ero certa che avrebbero scelto quello di New York, e invece su un gruppo di 15-20 ragazzi e ragazze è stato scelto solo da 4-5 soggetti. Questo sottolinea come, in realtà, il modello cooperativo sia molto attrattivo. Il problema è che non è ben conosciuto, si conoscono magari solo le cooperative che lavorano nel proprio territorio, ma non la differenza tra una cooperativa di impresa rispetto a un’impresa capitalistica.
Nelle scuole c’è anche poca conoscenza dell’impresa in sé, perché purtroppo studiamo tanta storia antica: i babilonesi li sappiamo a memoria, però le imprese non sappiamo bene cosa siano.
Sono anche cose difficili da spiegare, credo che il modo migliore sia quello di farlo attraverso delle esperienze. Una procedura un po’ più giocosa, in cui gli fai vedere la differenza tra il competere e il cooperare. Il fatto che al chi vince e chi perde, si alterna la possibilità che, se cooperiamo, vinciamo tutti, magari un po’ di meno, ma vinciamo tutti. Far toccare con mano, attraverso esperienze concrete, che rendano concreto il modello e che alla fine va tutto a loro vantaggio perchè non perdono niente nel condividere quello che hanno e quello che possono fare. Ognuno mette a disposizione il proprio talento e le proprie capacità.
È necessario un ulteriore passaggio perché magari riusciamo ad agganciarli nelle scuole, però poi bisogna anche avere gli strumenti per comprendere quell’impresa e poterla applicare nell’imprenditoria. Serve proseguire il percorso anche nelle università, perché anche nell’università, purtroppo, quando si parla di economia, di governance, il modello della Cooperativa al 99% dei casi non è spiegato. Io ho fatto un paio di esami di economia nel mio percorso di studi e non abbiamo mai nominato questo modello di impresa.
Non basterà, quindi, averli agganciati alle superiori: perché potranno essere d’accordo sui valori e sui principi, ma poi devono anche saper creare quel tipo di impresa. Serve spiegargliela, ma anche dare loro gli strumenti per farla al meglio, con tutto il bagaglio di conoscenza e formazione necessaria.
Il nostro modello vuole creare soggetti pensanti e quindi liberi
Di Anna Loscalzo (Tatabox)
Partiamo da quello che manca: l’elemento base, la conoscenza. È fondamentale raccontare questo mondo, questo modello. Lo facciamo ancora troppo poco: faccio sempre un discorso di autocoscienza. Sono io la prima a comunicare troppo poco cosa sia la cooperazione. Nel mio piccolissimo ho deciso che ciò che si può fare è raccontare a tutti bene il mio mestiere, anche banalmente, ma farlo. Quando partecipo a eventi come il congresso, racconto sui social le cose che sto facendo, perché magari quelle 50 persone che mi seguono sanno che cosa faccio.
Prima di tutto bisogna che noi comunichiamo bene che cosa stiamo facendo e che cosa portiamo, non solo attraverso le scuole, ma anche attraverso l’elemento quotidiano della vita di tutti i giorni. È lì che un po’ manchiamo, perché non riusciamo a portare l’esperienza comune del che cosa significa cooperare. Non è semplicemente roba riconducibile ai sette principi in sé, che può sembrare una cosa pomposa. Dobbiamo far vedere le declinazioni estremamente semplici che i principi hanno sul quotidiano. Facciamole vedere, perché credo che una volta che noi li mostriamo nel pratico, tutti li possano capire estremamente bene.
Io ho cominciato a vivere il movimento cooperativo perché ho capito che io ero già operatrice ma non lo sapevo. Perché io non conoscevo questo modello, o meglio, non lo conoscevo in questi termini e quando me l’hanno spiegato mi sono detta “ma sono io! È il mio posto. Io devo arrivare lì, perché è lì che mi cercano, è lì che mi aspettano, è lì che persone come me hanno senso di essere”.
Non è detto che questo modello funzioni per tutti ma siamo in tantissimi che hanno diritto e dovere di far parte di questo mondo. Io vorrei mettere alla prova le persone, chiedergli di trovami un modello di impresa che dice che è necessario educare formare informare i propri lavoratori, i propri soci, la propria comunità. Mettiamoci qui insieme e dimmi dove fanno questa cosa.
Siamo cresciuti tutti con questa cosa che la verità ci renderà liberi, perché viviamo in un paese profondamente cattolico, e siamo abituati a questa frase. Ma che cosa vuol dire che la conoscenza rende una persona libera? Significa che la rende un cittadino più partecipe, più consapevole e non ha semplicemente più impiegabilità. Non diventa solo più produttivo, diventa più cosciente di sè stesso e, secondo me, diventa una persona libera. Il nostro modello vuole creare dei soggetti pensanti.
La giusta comunicazione per non essere fraintesi
Di Alessandro Regge (Legacoop Piemonte)
Grazie a una ricerca del 2021, rivolta ai giovani, abbiamo potuto vedere che gli aspetti valoriali delle cooperative sono praticamente identici, uguali, e corrispondenti a quelli dei giovani. Manca la conoscenza della forma cooperativa. Il passaggio successivo, nei progetti di servizio civile, come in altri progetti, quando poi c’è la conoscenza del mondo cooperativo, e si conoscono i meccanismi, serve ricordare che non si sta presentando un modello nuovo, perché ci sono due secoli di storia che parla di innovazione sociale, del mettersi insieme per rispondere, insieme, a nuovi e vecchi bisogni. Quando si conosce tutto questo, anche attraverso momenti di confronto, spazi dedicati, o formazione extrascolastica, i due mondi si incontrano.
La sfida è trovare sempre dei metodi innovativi, perché le nuove generazioni, i movimenti giovanili, come i Friday For Future, di cui sentiamo molto parlare, hanno tante belle idee, tante iniziative ed energie, ma bisogna intercettarle bene, perché altrimenti si rischia di andare a contrasto, di non capirsi. Quando parliamo di cooperativismo, parliamo di attività di impresa, sempre, non di volontariato e quindi quello deve essere chiaro sin dall’inizio.
L’importanza di CoopStartUp per i giovani e per i territori
Di Michele Schirru (Generazioni Legacoop Sardegna)
Coop StartUp è uno strumento molto importante, che può coinvolgere gli interessi dei giovani. Però per farlo bisogna lavorarci in maniera profonda: non è del tutto conosciuto come strumento, però, lavorando molto sia attraverso i social network che attraverso iniziative di animazione territoriale, siamo riusciti a coinvolgere un buon numero di giovani anche in questa seconda edizione in Sardegna.
Per riuscirci abbiamo inserito all’interno dei punteggi attribuiti alle proposte una premialità dedicata a quelle start up che presentano una compagine sociale con componenti a maggioranza di Under 40. Questo ha stimolato molto la partecipazione dei giovani: su circa 80 potenziali nuovi soci di cooperative contiamo 50 under 40 in tutto il territorio regionale.
Siamo molto soddisfatti di questo numero, ma lo abbiamo raggiunto lavorando molto soprattutto sui social network, che sono un canale di contatto diretto con le giovani generazioni.
Il fatto che in Sardegna il progetto sia coordinato da generazioni Legacoop è un incentivo in più per favorire la partecipazione giovanile. Ma questo è uno strumento ottimo anche per poter rispondere ai bisogni dei territori, soprattutto in una regione come la nostra, dove l’impresa cooperativa può effettivamente dare quel supporto ai territori più periferici dove magari Purtroppo a volte sono assenti le istituzioni.